Errori di adattamento, traduzione e doppiaggio (I)

Il post di oggi è un po’ più leggero rispetto a quelli dei giorni scorsi. [ ndr: ma estremamente più lungo AHAHAHAHAH -.- ]
Nel titolo ho addirittura messo tra parentesi un “I” per darmi un tono. (O tirarmi un po’ su di morale…! Onestamente non ne ho idea!) 😀 😀 😀
Non so se farò altri interventi del genere, ma mi piace pensare che avrò tempo e modo di scrivere anche post divertenti e inserire altre chicche del mondo del cinema, dei telefilm o della letteratura straniera.

[NB: uno l’ho già pronto, forse lo lascerò nelle bozze ancora per un po’…]

Non tutti sanno che sono particolarmente fissata con la saga “Pirati dei Caraibi“. Infatti, ai tempi dell’Università (*sigh* come passa il tempo…) volevo inserire la trilogia (nel frattempo mutata in tetralogia) nel comparto scientifico che avrei utilizzato per l’analisi della mia tesi di laurea triennale sugli errori di traduzione ed adattamento degli script originali nel cinema e nelle serie tv. Purtroppo, l’argomento era troppo vasto e riguardava una materia non curriculare (ndt: “traduzione audiovisiva” era una materia della specialistica e quindi non era attinente al mio piano di studi della triennale), perciò la Professoressa dirottò il mio diabolico piano su altro.

Savvy?
Comprendi?

Infatti, qualche anno dopo, ho “ripiegato” su una tematica diversa. {però questo ve lo racconto un’altra volta…}

Nonostante ciò, non mi sono arresa e ho continuato imperterrita a seguire le mirabolanti peripezie di Captain Jack Sparrow e di quei poveri adattatori che non hanno saputo proprio rendere giustizia alla saga.

La cosa che maggiormente mi ha perplessa e sconcertata – presumibilmente prima sconcertata e poi perplessa – è stata la scelta dei titoli dei vari film che, fin dal primo (datato 2003), ha puntualmente lasciato intendere che NESSUNO si fosse preso il gusto di visionare la pellicola prima di fare l’adattamento.
Ma andiamo con ordine.
Ora, capisco che il genere possa non piacere a tutti e che magari Johnny Depp o Orlando Bloom non siano il prototipo del vostro uomo ideale, così come Keira (biondina e segaligna) non lo sia della vostra “immortale amatissima”; posso anche passare sopra al fatto che, non sapendo dell’avvento del “2” e del “3” (e poi anche del “4” a cui, si vocifera, dovrebbe fare seguito un “5”), per il primo film sia stato omesso il riferimento alla serie “Pirati dei Caraibi”, MA (c’è sempre un ‘ma’) non si può tradurre “[Pirates of the Caribbean:] The Curse of the Black Pearl” (chiarissimo!) con un raffazzonato “La maledizione della prima luna“. Cosa c’era di difficile nel tradurre con un semplice “La maledizione della Perla Nera“? Perla Nera sapeva troppo di soap opera? Lo so, non era abbastanza EPICO. Just for the record: è il nome della nave.
Qui, si potrebbe aprire una parentesi di una 20ina d’anni in cui riprendere concetti trattati e stratrattati sul perché e per come si debba scegliere di tradurre letteralmente un testo oppure cercare di mantenere il senso di ciò che si intendeva nella lingua di partenza, portando il messaggio sullo stesso livello cognitivo dell’audience della lingua di arrivo con scelte linguistiche parzialmente o completamente differenti da quelle di partenza.
Io, personalmente, il film l’ho visto almeno 200 volte e di quella “prima luna” non c’è traccia. Barbossa dice “La luce della luna ci rivela per ciò che siamo in realtà. Siamo uomini maledetti: non possiamo morire, per cui non siamo morti, ma non siamo nemmeno vivi“. Eh. La ‘luna’ c’è (e non ci piove). E la ‘prima’? Mistero!

Crozza_Kazzenger
Kazzenger!

Nel 2006, la storia si ripete. Qui un po’ mi ha pianto il cuore, lo ammetto. Il titolo originale è struggente e al tempo stesso epico nella sua semplicità (once again). Il secondo capitolo della saga, infatti, si intitola “Pirates of the Caribbean: Dead man’s chest“. L’adattamento italiano non è riuscito nuovamente a rendere giustizia all’originale. Il film da noi è uscito con il titolo “Pirati dei Caraibi: la maledizione del forziere fantasma“.
Ovvio.
Perché cercare di riprendersi un minimo dal precedente scivolone? Giammai! Meglio continuare con ‘sta storia della ‘maledizione’ che ci piace assai! 😀 E va bene… Dietro a quel “chest” c’è un bellissimo gioco di parole volutamente scelto in inglese per collegare il fantomatico “uomo morto” al “forziere” (e/o al suo “petto”). Nonostante l’adattamento non mi piaccia tantissimo, devo ammettere che il senso della storyline è mantenuto. Il forziere c’è, non è proprio ‘fantasma’, ma Jack Sparrow è alla sua ricerca, perciò lui non sa dove sia e questo è grosso modo il plot del secondo film.

Una chicca estratta da questo capitolo è un errore di adattamento (e doppiaggio). Da quando l’ho individuato, lo posto ovunque.

Errori di (traduzione e) doppiaggio:

[eng/orig. version] Hammer-head shark Pirate: Five men still alive, the rest have moved on.

[trad/doppiaggio] Pirata Squalo Martello: 15 rimasti vivi, il resto è trapassato.

La domanda sorge spontanea: se sullo schermo ci sono 5 attori pronti per essere giustiziati, un dubbio non ti viene?

No, evidentemente no. 😀

large

Devo dire che della [vera] trilogia questo è il capitolo che mi è piaciuto meno, forse perché lascia lo spettatore con moltissimi buchi temporali nella storia, molti interrogativi, qualche intuizione abbozzata a causa dei nuovi personaggi introdotti e, in più, non ha una vera e propria conclusione. [ndr: doveva essere un film “ponte”; un collegamento tra il primo film, di cui non ci si aspettava un così grande successo, e il successivo, la conclusione della saga, su cui c’erano altissime aspettative. Effettivamente è così ‘ponte’ che quando appaiono i titoli di coda non riesci ad alzarti in piedi perché pensi ci sia ancora altro da vedere.]
Veniam perciò al III capitolo uscito nel 2007. L’unico che EFFETTIVAMENTE non ha subito grossi sconvolgimenti a livello di adattamento. Voci che erano trapelate prima della sua uscita avevano dato, come probabili, due titoli differenti, cioè “At World’s End” e “At Worlds End“. Non proprio lievissima la differenza tra le due opzioni. La prima si presta ad un più sottile gioco di parole, mentre la seconda lascia solamente intendere che il capitolo finale vede la fine dei “mondi” [ndr: quali mondi?]. La scelta è poi ricaduta sul primo titolo, che gioca sulla fine del mondo intesa come atto finale di un’Opera, quindi una sorta di resa dei conti, ma anche come luogo ben preciso dove REALMENTE i protagonisti si recano durante il film. [WARNING: major spoiler!!!]

not the best time
Non mi pare il momento migliore! (Elizabeth Swan)

La traduzione in italiano è abbastanza fedele ed infatti il film esce in Italia con il titolo “Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo” che riesce a mantenere parzialmente intatto il messaggio voluto con il titolo inglese. Potrei stare a parlare per dieci ore solo di questo film. E’ in assoluto il mio preferito. 🙂

[*FANGIRLING TIME*]

Keep a weather eye on the horizon...
Tieni gli occhi piantati sull’orizzonte… (Will Turner)

A distanza di 4 anni (è il 2011), esce nelle sale italiane, poi in quelle americane, “Pirates of the Caribbean: On Stranger Tides“. Il film è liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Tim Powers noto in Italia con il titolo “Mari stregati“. Un lettore/Uno spettatore attento a questo punto ha già fatto 2+2, vero? Il titolo italiano è quindi “Pirati dei Caraibi: Mari stregati“.

HAHAHA... NO.

Questa volta il titolo è stato tradotto con “Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare“. Evidentemente, un più letterale “[PdC:] Verso acque straniere” o “Su maree sconosciute” avrebbe interrotto la continuità delle scelte linguistiche già applicate alla traduzione ed utilizzare lo stesso titolo del libro avrebbe implicato l’infrazione di qualche diritto d’autore (?). Dunque, la mossa più appropriata è stata – di nuovo – seguire la scia del capitolo precedente. Nasce perciò un collegamento con gli ex “confini del mondo”, con l'”Aqua de vida” segnata sulla mappa,  che porterà Jack Sparrow a navigare su acque straniere, più lontane. Ok. La domanda resta: PERCHé?

WHY?!

Per la mia gioia – e per quella di chi come me si è appassionato alla saga non solo per gli attori e i personaggi, ma anche per le vicende linguistiche che le gravitano attorno – è in preparazione il V capitolo della serie, il cui titolo sarà “Pirates of the Caribbean: Dead Men Tell No Tales“. Letteralmente possiamo tradurlo con “[PdC:] Gli uomini morti non raccontano storie” oppure, parafrasando un po’, con “[PdC:] I morti non mentono“. In verità “dead men tell no tales” è un modo di dire anglosassone che significa “dead people will not betray any secrets” e che in italiano suona più o meno come “I morti non tradiscono alcun segreto“.
Sono veramente curiosa di vedere che cosa tireranno fuori dal loro cappello gli adattatori . 😉 L’uscita è prevista per luglio 2015, manca solamente un annetto.

Vi lascio con un video STUPENDO in chiave ironica in cui vengono evidenziati, scena per scena, tutti gli errori in “POTC: The Curse of the Black Pearl“. Io sto ancora ridendo…

P.S.: grazie Wendy per avermi fatto capire che le .gif possono essere estremamente utili! 🙂