Hello beautiful people!
How are you? Just half a month has already passed by. How time flies!
I’ve just found out that I didn’t publish my “Hello, November” picture. So, here it is!

Have a great day!
~Chiara
Always believe in yourself. ◃◃◃
#wordsofatranslator
Da circa tre mesi sto portando avanti un esperimento che ho iniziato un po’ per gioco, un po’ per emulazione e un po’ per curiosità.
Ho deciso di testare i vari canali attraverso cui è possibile aumentare la propria visibilità e rendere proficua la presenza sul web.
Non sapendo da dove cominciare, ho preso spunto da alcuni professionisti che seguo tramite WordPress, Facebook e Twitter. Mi sono permessa di seguire per qualche settimana i loro aggiornamenti e il loro modo di interagire con colleghi, amici e followers.
✎ La prima cosa chiara ed evidente è la costanza. Occorre essere attivi nel vero senso della parola. Ogni giorno, la propria presenza va confermata condividendo articoli, immagini, foto, citazioni, chiacchierando con chi è interessato al tuo lavoro ed esprimendo le proprie idee in tutti i modi possibili.
✎ Infatti, un importante fattore è l’interazione con gli altri utenti. Tutte le persone che ti seguono (ed anche quelle che capitano casualmente nelle tue pagine) sono ugualmente fondamentali per la creazione di una rete di contatti efficiente ed attiva (oltre che reattiva). Il ruolo cruciale è sempre il tuo, perché sta a te interagire e conversare con gli altri iscritti in modo da riuscire ad allacciare rapporti, trovare persone che abbiano i tuoi stessi interessi o che siano capaci di aprire le tue conoscenze verso nuovi orizzonti.
✎ A ciò fa seguito l’importanza della condivisione. È davvero importante imparare a parlare con gli altri senza paura, riuscire ad uscire dal proprio guscio e condividere con gli altri le esperienze pregresse, sia belle che brutte. Il nostro piccolo bagaglio ci ha resi i professionisti che siamo oggi e questo potrebbe essere d’aiuto ad altri, così come l’esperienza di chi lavora da più anni in un settore potrebbe essere d’aiuto per noi.
✎ E qui si collega l’ultimo punto fondamentale, cioè la necessità di essere catchy a 360°, Non c’è nulla di più vero e importante dell’essere completamente se stessi. Infatti, la chiave per aprire tutte le porte della Rete è utilizzare la propria personalità mettendo in risalto i propri punti di forza, gli interessi e le conoscenze. Attraverso i post scritti nei blog, oppure i 160 caratteri di cui sono composti i tweet, possiamo realmente diversificarci dagli altri creando un nostro codice, condivisibile, che ci aiuti ad uscire dall’anonimato e, allo stesso tempo, renderci interessanti verso i nostri lettori.
Nel flusso continuo di informazioni che attraversa il web e si getta senza argini tra le righe dei social media, emerge chi riesce a veicolare un messaggio facilmente accessibile ed al tempo stesso creativo – cercando, però, di non sfociare in esagerazioni o mancanza di professionalità. Perciò, quando si scrive per la Rete, occorre fornire dati e tesi opportunamente corredati da immagini e testi semplici ma esaustivi, utilizzando strategie innovative e fresche. Inoltre, quando si scrive un articolo da pubblicare nel proprio blog, la scelta delle parole chiave è fondamentale in quanto aiutano la ricerca dei post ed anche l’individuazione dei principali punti trattati. Lo stesso discorso vale per i social network, dove le stesse key words sono equiparabili agli hashtags.
Seguendo queste prime semplici considerazioni, ho pensato di iniziare a condividere nel mio blog le ecards create per smorzare un po’ lo stress lavorativo, citazioni e articoli scritti di mio pugno. Purtroppo, finora, ho pubblicato un solo articolo completo. Mi è capitato di incorrere nello smarrimento di una scrittrice che si ritrova in una piazza affollata e non sa più dove guardare e chi ascoltare.
Ciò è sicuramente dovuto all’inesperienza e alla mancanza di organizzazione. Hai delle idee, sapresti anche che contenuti sviluppare e come svilupparli, ma ti sembra sempre di non avere il tempo necessario. Le settimane passano e le tue bozze restano là, salvate e destinate a non vedere mai il punto finale ed il fatidico click sul tasto “Pubblica”. Nonostante questo, non demordo. Continuerò a pianificare e cercare di scrivere altri post come quello di oggi. In fondo, ho tantissimo da imparare e l’unico modo che conosco per migliorare è sperimentare. Se non dai sfogo alla tua creatività buttandoti nella mischia, non saprai mai cosa puoi e non puoi fare. 🙂
Una cosa che ho sicuramente imparato, e che a parer mio è assolutamente da evitare, consiste nel reblogging selvaggio.
Questa tecnica somiglia ad un retweet o uno share su facebook, ma permette di copiare ed incollare gli articoli altrui nel proprio blog (o sito). Purtroppo, seppur appropriatamente citati e forniti di tutti i riferimenti che rimandano all’autore originale, non possono sostituire un bel post scritto con impegno di proprio pugno. L’ho sperimentata per un po’, ma anche se accompagnato da qualche commento sporadico come introduzione all’articolo da condividere, oppure da un’emoticon e una frase per non sembrare maleducati nel riprendere testualmente il lavoro di altri, non è assolutamente utile e tanto meno professionale. Assolutamente da evitare.
Se un articolo è particolarmente interessante o ci ha colpito in qualche modo, le modalità di utilizzo di quel pezzo possono essere molteplici e diverse, a seconda di cosa pensiamo di farne. Se vogliamo, possiamo condividerlo attraverso i social network che sono più immediati e permettono di avere l’informazione a disposizione in tempo reale e possono essere opportunamente taggati per dare visibilità anche a chi l’ha scritto e, anche a chi l’ha condiviso prima di noi.
Per i social network che sto sperimentando in questo momento, occorre tenere presente alcuni accorgimenti:
TWITTER: Twitter è una piattaforma veloce, la TL (ndt: tweet line / time line) si aggiorna continuamente e i nostri followers (seguaci) non vivono costantemente con la pagina aperta o con il cellulare piantato su un solo social, perciò, occorre postare in maniera mirata in determinati orari ed essere concisi. Per fare ciò siamo facilitati dagli hashtag, cioè quelle parole che vengono precedute dal # (cancelletto) e che servono per indicizzare tutti i cinguettii relativi ad uno stesso argomento. Utilizzandoli, chi è interessato a determinati argomenti, cercherà gli hashtag più comuni di riferimento e troverà anche l’articolo che vogliamo condividere (se corredato di quell’hashtag).
FACEBOOK: Facebook è una piattaforma dove gli utenti sono tutti interconnessi sia per essere informati sugli ultimi fatti, sia per scambiare opinioni e fare un break mentre si sta lavorando. I post su facebook sono più argomentativi. E’ importante dare informazioni abbastanza dettagliate su ciò che si sta per pubblicare, ma al tempo stesso bisogna incuriosire il lettore. Le immagini sono molto importanti, perché attirano l’attenzione di chi sta leggendo. Il fatto di avere la possibilità di commentare “a vista”, aiuta l’interazione e anche nei commenti si possono inserire ulteriori informazioni che invoglino il lettore ad iniziare o continuare un’eventuale conversazione.
Se ciò a cui si punta è la diffusione di contenuti per immagini, possiamo usufruire di altri canali come Instagram e Pinterest.
INSTAGRAM: è una grande piazza dove ognuno condivide in maniera visuale le proprie idee. E’ importante scegliere il giusto soggetto da ritrarre e da condividere con gli altri igers (ndt: le persone che pubblicano su Instagram, anche detti Instagramers) ed accompagnarlo con una descrizione accattivante che invogli l’utente a “cuorare” (ndt: l’equivalente del “mi piace” di facebook) l’immagine o commentarla. Inoltre, è fondamentale utilizzare i giusti hashtag, perché anche qui – come accade per twitter – le foto vengono indicizzate in base alla parola che viene scelta per effettuare la ricerca delle immagini.
PINTEREST: Pinterest è un social network molto particolare, che permette di seguire le bacheche di immagini create da ogni utente. E’ un sistema molto semplice e snello mediante il quale si possono creare piccole (o grandi) collezioni di immagini suddivise per categorie o settori. Qui il termine da usare è “pin”, cioè la puntina che viene spesso utilizzata per fissare un pezzo di carta o un qualsiasi documento o foto su una bacheca (ndt: ricordate le bacheche in sughero nelle vostre scuole?). Ogni pin equivale ad un’immagine che viene inglobata nella propria bacheca. E’ possibile anche qui “cuorare” per mostrare gradimento verso le immagini postate dagli altri utenti.
Per avere un’idea degli orari ideali in cui diffondere i propri post, potete fare riferimento all’infografica qui sotto. Ho tradotto ed adattato alcuni dati che ho trovato girovagando per la rete. (NB: è la mia prima infografica, mi scuso con chi la troverà un po’ grezza, ma sto ancora sperimentando e sono stata già fortunata, perché c’è lo zampino di mia sorella, che mi ha dato una mano ad organizzare le idee. 🙂 )
Lasciatemi pure i vostri commenti se volete. Sarò felice di ascoltare suggerimenti, critiche e scambiare opinioni a proposito di social media e scrittura di post. Grazie! 🙂
So in news that makes me embarrassed to be both an English speaker and a Twitter user, adorable Brazilian schoolchildren are correcting the grammar in celebrity tweets as a way of improving their own English skills. Also, they’re ridiculously polite when they do this. Celebrities, please take note and learn both grammar and manners.
While this is an awesome exercise in both learning about punctuation and proofreading for these students, it also raises some questions – if you can be a multimillionaire with no demonstrated command of the English language, are there other skills we’re being taught in elementary school that have been rendered obsolete by the digital age?
Spelling
So I’m going to date myself by saying this (I’m old, guys), but in my youth, word processing software didn’t have spellcheck. If you didn’t know how to spell a word, you had to look it up in the dictionary, which is this giant book (a predecessor to dictionary.com) that listed all of the words. I have gleaned from my friends who are teachers that spelling tests are still a thing, and I know spelling bees are alive and well, but there’s something about the fact that kids can just spellcheck their papers now instead of having to proofread for actual typos. How long before they’re just dictating their essays to Siri?
Cursive
On the subject of writing, how relevant is penmanship anymore? I have fond memories of that paper that had lines like a traffic light so you knew where to start and end your letters, and less fond memories of the hand cramps that followed writing an entire essay test in cursive. I was relieved to learn that apparently most students are still learning cursive, presumably mostly so that they can establish a signature that will devolve into an illegible scrawl. When more and more of our communication is just taking place on a screen and not even on paper, should we be learning cursive at all, or would time spent learning that be better used catching our math and science skills up to the rest of the world?
Arithmetic
Then again, who needs math skills when we’re all carrying around phones that function perfectly well as calculators? I recently learned that a friend who’s my age (an age I promise isn’t 50) used to take an actual abacus to school. I was actually impressed, and a little jealous that he knows how to use an abacus. I can barely remember where my calculator is, and heaven help me if I ever have to actually use it. 97% of the math I do is done in Excel, and the other 3% is calculating tips, which I do in my head, but I’m pretty sure there’s an app for that.
Telling time
I have a friend who actually cannot tell time using a regular clock – she had the chicken pox when it was covered in school, cheated on the test, and subsequently never learned. It seems like most clocks are digital these days; is there really value anymore in learning all this hour hand and minute hand nonsense? Do people even wear watches to tell time anymore, or do kids just think they’re fun fashion accessories with numbers on them?
Making friends
One of the most important lessons of elementary school was learning how to interact with other kids – not fighting over toys, forming friendships based on your shared love of Anastasia Krupnik books, realizing that boys have cooties. Here’s the thing, though. Talking to other kids is hard, and scary. So we can just skip that bit and be friends with people on the internet, based on some selfies and perceived shared interests.
Basically, what I’m suggesting is that we overhaul our whole elementary education system and focus on the skills these kids are going to need to be successful: Instagram, Tumblr, and a willingness to humiliate themselves on reality television in exchange for money. (Relax, Millenial-fearers, I’m kidding). The point of technology isn’t to avoid using our brains, it’s just a shortcut to be used after we’ve learned the real skills behind it, so we can spend our time doing really important things like protesting t-shirts that are maybe mean to Taylor Swift. That said, I do remember when things like “computers” and “typing” were elective classes, and not essential skills required to succeed, so I am curious to see what elementary school will look like by the time I have kids.
Featured image via
Cf. original: http://hellogiggles.com/social-media-has-ruined-grammar-and-other-elementary-school-skills-you-no-longer-need
Cfr. articolo originale: http://www.abcdesevilla.es/sevilla/20140316/sevi-traduce-literal-ingles-201403132041.html#.UygyPFhvDDw.twitter
SEVILLA
«I love you an egg», traducciones literales que triunfan en la red
AURORA FLÓREZ ABCEDESEVILLA / SEVILLADía 16/03/2014 – 08.16hTres emprendedores triunfan desde Sevilla con «Superbritánico» y su idea de trasladar lo más granado de nuestras frases al inglés
«Oh pity, little pity, pity!», o lo que es lo mismo: «¡Ay pena, penita, pena!», «Life is a lottery, lot lot lotery!» («La vida es una tómbola, tom tom tombola», «Today, donŽt have the pussy for litte lanterns» -«Hoy no tengo el chichi pa farolillos», son algunas de las frases que están haciendo furor en Internet en traducciones literales al inglés de las expresiones más populares, más graciosas y más repetidas de este nuestro país.
Están en Twitter, en @superbritanico, que las planta en tazas, delantales, bolsos y otros artículos que venden desde una tienda online. «Superbritánico» es idea de tres jóvenes emprendedores en Sevillaque no llegan a los 30 años de edad: Nicholas Isard, británico, licenciado en Lenguas Modernas, Marielle Lambrun, francesa, licenciada en Filología hispánica, y el fundador, Daniel Vivas, sevillano y economista. Cuentan con más de 250.000 seguidores en las redes sociales.
En diciembre, mes en que abrieron sutienda online se agotaron las existencias en pocos días. Vidas asegura que «entre traducción y traducción surgió la idea de hacer las traducciones literales y comenzamos a compartirlas a través de las redes sociales». Nunca imaginaron que esta idea alcanzaría tal éxito. Y tampoco pensaron en que, «a nivel de vocabulario puede ser de ayuda para todas aquellas personas que están aprendiendo el idioma. Nos llama mucha gente para darnos la enhorabuena porque gacias a «Superbritánico» han aprobado su examen de inglés».
Divertido y original es, no cabe duda. Y ahí va una muestra de ello, ésta para que practiquen: «Go to fry aspargus», «You are the joy of the vegetable garden», «Female monkey painter» o «I love you an egg», de un amplio catálogo en el que no faltan frases de canciones archiconocidas, en las que hasta se recupera a las Mama Chicho:«Mum, Chicho touches me, he is touching me more and more».
Hay para elegir, además entre lo más granado del panorama musical y de su repertorio de respuestas. Raphael: «Scandal! itŽs a scandal», Lola Flores: «If you love me, go away!» (¡Si me queréis, irse!), «What’s wrong with the blackberry which cries and cries at all hours around the corners?» («¿qué tiene la zarzamora que a todas horas llora que llora por los rincones?»); Rocío Jurado: «It’s been a while since I don’t feel anything when doing it with you» («Hace tiempo que no siento nada al hacerlo contigo»); o Isabel Pantoja: «Sailor of lights, with soul of fire and tanned back» («Marinero de luces, con alma de fuego y espalda morena», «Teeth, teeth, that’s what fucks them» («Dientes, dientes, que eso es lo que les jode»)… Pues eso, en dos palabras made in Jesulín de Ubrique: «In two words: im pressive».
DOMENICA 16 MARZO 2014
Articolo originale apparso su:
Studio editoriale Cosi e Repossi –> http://www.cosierepossi.com/2014/03/imparare-lingue-scambi-di-conversazione.htmlVuoi fare conversazione
in una lingua straniera?
Hai mai fatto scambi di conversazione per imparare o perfezionare una lingua straniera? Per metà del tempo parli italiano e per l’altra metà la lingua del tuo interlocutore.
Se una volta era necessario incontrarsi di persona, oggi su internet è possibile organizzare gratuitamente scambi con utenti di tutto il mondo, grazie al sito ConversationExchange.
Su ConversationExchange la procedura è semplicissima: cliccando su “Cerca un partner di conversazione” al centro della pagina, si apre un form in cui dobbiamo inserire la lingua del nostro interlocutore, la nostra e spuntare la casella “Usando un chat software“. In base a questi dati, il sito ci offre una lista di utenti che rispondono alle nostre esigenze e che potremo contattare via Skype o con uno degli altri software suggeriti.
Se poi vogliamo incontrarli di persona, è sufficiente selezionare la casella “Conversazione faccia a faccia“, il paese e la città in cui vogliamo organizzare lo scambio.
Abbiamo messo alla prova il sito cercando interlocutori madrelingua portoghesi e i risultati sono stati incoraggianti: abbiamo trovato 251 utenti disposti a scambiare online conversazioni in questa lingua con l’italiano e 2 brasiliani che accettano anche incontri face to face a Firenze.
E tra una conversazione e l’altra è possibile ampliare il nostro vocabolario con Memrise, che permette di creare e rafforzare i collegamenti mentali tra una parola italiana e il corrispettivo nella lingua scelta arrivando a memorizzare 1000 vocaboli stranieri in 22 ore. Da provare!
La foto è stata scattata nel 1973 da Charles O’Rear ed è disponibilequi.
Pubblicato da francesca cosi e alessandra repossiArgomenti: imparare le lingue, risorse online
EL HUFFINGTON POST | Publicado: 04/03/2014 09:27 CET
Cuando consigues escribir una frase completa con emojis, la sensación que te invade es indescriptible. ¿Y cuando eres capaz de contar el argumento de una película o el estribillo completo de una canción? Increíble. En definitiva, los emojis molan.
Pero, seamos sinceros… una buena parte de ellos es totalmente inútil. Porque, ¿con cuánta frecuencia hacemos referencia a los vídeos VHS? ¿Y para qué necesitamos un relojito para cada una de las horas del día? Sin duda, algunos de estos iconos son un misterio absoluto y nos roban parte de un tiempo que podríamos emplear en mandar unicornios, burritos o cualquier otro emoji REALMENTE necesario.
Por tanto, y sin más dilación, aquí tenemos algunas preguntas desesperadas que siempre nos hemos hecho sobre los emojis, junto con las respuestas que nunca pensaste que necesitarías:
Otros misteriosos emoticonos que hemos resuelto:
Uno de los más queridos, la caca sonriente, en realidad se llama “MIERDA DE PERRO”. Increíble.
Lo que probablemente creías que era una “bellota” es una “castaña”.
También puede que hayas usado este emoticono para hablar de “helados”, pero lo cierto es que se trata de un “granizado”.
Y este extraño rectángulo con un lacito no es otra cosa que un marcapáginas. ¿A que no lo sabías?
Lo que todos pensábamos que era una especie de tarta de nata y fresa en realidad es un “pastel de pescado”. Un poco decepcionante, la verdad.
Y aun así, no hay emoticonos de queso ni de burritos, lo cual es fundamental en nuestras vidas. Gracias a Dios que, por lo menos, tenemos el emoji de “batata asada” y de “flan”.
No te sientas mal si ahora ves que el mundo se tambalea bajo tus pies. Ni siquiera los creadores le encuentran el sentido a algunas cosas y por eso les ponen nombres del tipo “vuelta doble”, “onda” o “chispa”.
Artículo publicado originalmente en The Huffington Post. Traducción de Marina Velasco Serrano
There’s no denying the rush you get when you’re able to write an entire sentence in emojis. Better yet, when you can write out a movie plot or an entire song chorus? Amazing. Emojis are awesome.
But let’s be real… a good portion of them are also totally useless. Because how often, REALLY, are we going to reference a VHS tape? And why do we need a clock face depicting every single hour? Without a doubt, some of those icons are total mysteries, and they’re taking up valuable keyboard real estate that could be used for emoji unicorns, burritos or, you know, the other emojis we definitely NEED.
So, without further adieu, here are some burning questions we’ve all had about emojis, and the answers you never knew you needed:
Some other emoji mysteries we solved:
The beloved smiley poop emoji (which, let’s be honest, is probably the best) is actually called “Dog Dirt.” DOG DIRT.
What you’ve probably been calling an “acorn” is actually a “chestnut.”
Also, you’ve probably been using this emoji to mean “ice cream” but it’s actually “shaved ice.”
This random square with a red ribbon is actually a bookmark. Who knew?!
That white thing with a pink swirl on it, that definitely looks like a dessert, is actually a “fish cake,” which is a total disappointment.
There’s still no cheese emoji or burrito, which are absolutely vital. Thank goodness, though, that we have an emoji for “Roasted Sweet Potato” and custard.
Don’t feel bad if your whole world is crumbling. Even the makers can’t make sense of some of these things because some of them are actually just called “Double Curly Loop,” “Wavy Dash,” and “Sparkle.”
This list is brought to you by the team at HuffPost Partner Studio. Check out some of the sweet content we’ve created in partnership with the world’s top brands, or find us on Twitter, Facebook, Tumblr and Instagram so you don’t miss a thing.
[sigue: Traducción de Marina Velasco Serrano “http://huff.to/1hG0Qv4“]
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a cura di Concetta C.
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Un benvenuto speciale alle/ai Sopravvissut@ al narcisismo. una volta scoperto che NON SIAMO PAZZ@ e soprattutto NON SIAMO SOL@, possiamo cominciare a rivivere un'altra volta. la miglior vendetta è una vita vissuta bene e pienamente.