Butterfly: una passeggiata lungo le sponde dello Yangtze (con Julie O’Yang)

Salve a tutti miei cari follower!

Oggi vorrei presentarvi Julie O’Yang, autrice del romanzo in lingua inglese Butterfly. Alla fine del 2014, ho avuto il piacere di partecipare al progetto di pubblicazione della versione in lingua italiana del libro, collaborando come revisore del lavoro di traduzione svolto dallabio” collega Sonia Lo Conte (visitate la sua pagina “Words Abroad“).

Lascio la parola a Sonia che ha selezionato alcune delle interviste più significative fatte all’autrice di cui ha tradotto alcune domande e risposte per accompagnarci in una passeggiata lungo le sponde dello Yangtze.

Buona lettura!


Green morning a tutti!

Innanzitutto, vorrei ringraziare la collega Chiara Bartolozzi per lo spazio concessomi sul suo blog. Io e Chiara abbiamo collaborato alla traduzione di Butterfly, un romanzo di Julie O’Yang e oggi vorrei presentarvi questa eclettica autrice dalla fervida immaginazione.

Scrittrice, sceneggiatrice e artista visiva, Julie O’Yang nasce a Kunming, in Cina. Giunta nel vecchio continente negli anni ’90, ha trascorso gli ultimi decenni della sua vita viaggiando tra Europa e Giappone, studiando a Londra, all’università di Leiden (Olanda), a Tokyo e a Nagasaki. Oggi risiede in Olanda.

Il suo ultimo romanzo, Butterfly – il primo scritto in inglese – ha riscosso un immediato successo a livello mondiale, nonché tra recensori letterari e critici di tutto il mondo. Conosciamola meglio!

Il libro: Butterfly
Il libro: Butterfly

 

D: Ciao Julie! Dunque, sei nata in Cina e hai studiato a Londra… come sei finita in Olanda?
R: Oh Dio… mia madre mi ha chiamata “acqua cosmica”. Acqua è il mio nome; riscopro questo elemento purificatore nella mia vita ogni giorno di più. Il mio romanzo parla dello Yangtze, il fiume più lungo della Cina. Penso proprio che il mio destino abbia seguito la corrente e si sia poi fermato nei Paesi Bassi. Non assomiglia ad una specie di giustizia poetica? È come se le nostre vite, su questa terra, fossero migliaia di fiumi che cantano…

 

D: Tu sei un’artista visiva, oltre che scrittrice… Una forma d’arte ispira l’altra?
R: Credo che ogni forma d’arte consista nel trovare un luogo interiore in cui vi sia gioia, e per me la gioia si esprime attraverso l’inchiostro su uno schermo, sulla carta o su una tela. Tengo sempre una penna sotto il cuscino. A volte, quando mi sveglio nel cuore della notte e ho bisogno di scrivere qualcosa, la prendo e scrivo appunti sulla mia pelle: parole, segni, spezzoni che mi vengono in mente. Devo farlo o non riesco a dormire.

 

D: Cosa o chi ti ha ispirato? Uno o più scrittori in particolare?
R: Penso d’essere nata con una tastiera in mano! Non ho preferenze. Leggo qualunque cosa, anche uno scarabocchio. Trovo ispirazione in ogni cosa: me stessa, la gente, le foglie, i polli, le folli muse ispiratrici, la polvere…

 

D: In quale lingua ti senti più a tuo agio come scrittrice?
R: Cerco solo di essere pratica. Scrivo in olandese, ma è una lingua parlata da poche persone. In cinese vengo censurata. L’inglese è la lingua che amo di più. Sogno di aver vissuto in Britannia nel XVIII secolo, l’epoca dei Lumi, del Terrore e del Romanticismo…

 

D: Di cosa parla Butterfly?
R: Butterfly è una storia d’amore tra una donna cinese sposata e un giovane soldato giapponese. I loro destini s’intrecciano in una favola moderna, sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Parla di confini proibiti da oltrepassare, di sesso, del male e della speranza.

 

D: I lettori occidentali condividono una coscienza collettiva di racconti popolari e favole… Butterfly si è ispirato a qualche particolare racconto Cinese o Giapponese della tua infanzia?
R: Ho tratto ispirazione dalla storia di Zhuangzi: “Zhuangzi ha sognato di essere una farfalla svolazzante nel cielo; poi si è svegliato. Ora si domanda: Sono un uomo che ha sognato di essere una farfalla o sono una farfalla che sogna di essere un uomo”. Questo è un antico racconto cinese del IV secolo a.C.. Credo che Zhuangzi abbia dato vita al mio libro. Ad un certo punto ho anche creduto di essere lui.

 

D: Magico realismo, sensualità e storia si mescolano in questo splendido intreccio amoroso. Il romanzo è permeato dai temi della colpa, della vergogna, della passione, della trasformazione, della guerra e del perdono. Da cosa trai ispirazione? Cosa vorresti che rimanesse ai lettori dopo aver letto il tuo romanzo?
R: Se non fosse per la speranza, il nostro cuore andrebbe in pezzi. Sì, la speranza è un sogno ad occhi aperti. Buddha ha detto che migliaia di candele possono essere accese da una singola candela. Come scrittrice, penso che il mio lavoro sia intrattenere i giovani, curare i malati, tenere compagnia a chi è solo. Il nostro è un mondo di solitudine pieno di gente, e di giovani e bambini malati e poveri. Io vorrei condividere la mia gioia con loro, significare qualcosa per loro, piantare qualcosa nella loro anima. Soprattutto, penso di voler dire ciò che non si può dire, raccontare favole mai raccontate: desidero toccare i tabù.
La scrittura mi ha trasformata; alla fine, sono diventata una farfalla e ho sentito di essere superiore alle sofferenze umane di cui ho scritto.

 

D: Per me, una delle scene più forti e liberatorie è stata quando Butterfly decide di “uccidere senza uccidere”. La sua capacità di perdonare è in netto contrasto alla totale mancanza di misericordia del marito. Parlami della scena che riecheggia maggiormente in te.
R: È una domanda difficile, perché tutte le scene del mio romanzo devono riecheggiare in me, altrimenti perderei interesse nel raccontarle. Due sono le cose che mi divertono di più quando scrivo, tre in realtà. Primo, raccontare una storia imprevedibile. Secondo, AMO scrivere dialoghi, perché sono parole che danno voce alle azioni. Terzo, mi piace fare una battuta ogni volta che posso.

Ti leggo un pezzo del romanzo in cui sono presenti queste tre cose. Il mio protagonista maschile, il dottor Reigan, sta cercando di scoprire chi sia la sua paziente misteriosa, da dove venga…

***

 

— Posso raccontarti una storia, Dottore?

— Non ho dubbi che tu possa! Sono aperto a ogni evenienza, assicurati di correre dei rischi.

— Ho rubato questo. È abbastanza rischioso per te?

— Rubato a chi?

— L’acquario che mi hai portato.

Solleva l’indice affusolato e lo punta verso lo schermo del televisore. Per un attimo gli torna in mente l’immagine della mano di Alice, le sue dita che fioriscono in un’elegante orchidea sul suo membro.

Reigan si schiarisce la gola: — L’acquario? Parlamene.

— Hai notato che ho smesso di balbettare, Dottore? Ecco com’è accaduto. Dopo che te ne sei andato, non riuscivo a dormire. Allora, ho acceso l’acquario che è diventato un oceano immenso.

— Il canale del National Geographic. È anche il mio preferito quando soffro d’insonnia. Adatti il tuo ritmo a quello della natura, la cui saggezza è la pazienza. Funziona meglio delle pillole per dormire. Il sonno è l’arte della pazienza.

— Dunque, stavo guardando l’oceano, un enigmatico mosaico di esseri viventi. Poi all’improvviso, ho sentito una voce. Ho ascoltato la storia raccontata da una testuggine marina su un viaggio straordinario, attraverso l’oceano, per deporre le uova.

— Cosa vuoi dire con: raccontata?

— Sì, l’oceano ha il proprio linguaggio. E sì, lo capisco. Ma gli esseri umani? No. Gli esseri umani non capiscono nulla, non è così?

Sorride con un sorriso lascivo.

— La tartaruga di mare ha raccontato la storia a se stessa, perché quello è il suo modo per tenere la mente concentrata sul suo obbiettivo lontano 11.000 chilometri, una distanza che percorrerà in 99 giorni. Un record mondiale. Soprattutto, ogni giorno deve trovare del cibo e non è un’impresa facile. Molto spesso, deve nutrirsi di racconti per placare la fame e ha bisogno di sorprese. È una vera viaggiatrice e in fondo, una vera cantastorie. Ricorda le favole più vecchie e più strane raccontate sugli abissi, con la libertà selvaggia aborrita dalla gente.

— Perché aborrita?

— Lo sai il motivo, Dottore. La paura è un’abitudine della gente, la libertà è una dipendenza della mente. Due bisogni in opposizione, ecco perché la maggior parte di noi finisce col vivere una vita noiosa; poiché nessuno vuole essere considerato un drogato. Bene, allora ecco l’allegoria che ho origliato prima.

— Nel ventre del mare, c’è un lago che cambia colore. È un luogo venerato da tutte le creature marine, uno degli ultimi luoghi antichi che dà rifugio ad arcaici mostri, draghi, pescecani godzilla, orde di meduse urlatrici e chi sa cos’altro. Qui gli esseri spaventosi fanno il bagno tra onde delicate, solo talvolta la gente a riva li scorge: la punta di una coda, una chela spaventosa o qualche curiosa sfumatura sulla superficie dell’acqua incolore. Tuttavia, la gente che ha capito che sta accadendo qualcosa, non ha la minima idea che sotto il lago, dove i mostri gironzolano e spiano le loro vite, una volta c’era una città. Qui è dove T. V. O. è vissuta per milioni di anni.

— Tè Verde Orientale?

— No, è T.V.O. Tutta la Verità dell’Oceano. Il Dio dell’immortalità, il genio che vive nell’oscurità abissale. Nel cuore della notte, brandelli di voce si levano dallo strato di ceneri vulcaniche nel mare più profondo. Parole, gorgoglii e risolini, come se qualcuno stesse ridendo in modo perverso o annegando. Poi, un giorno, arrivò un pittore sulla riva. Alloggiava in una locanda. Ogni mattina, dopo colazione, la gente lo vedeva andare verso il mare per una nuotatina. Rimaneva in acqua molte ore. Dopo un po’, la gente iniziò a credere che il pittore fosse venuto a osservare i mostri per dipingerli.

— Un tardo pomeriggio, il sole stava tramontando come sempre; il mare era calmo come al solito. Ma tutto d’un tratto il tempo cambiò. Il mare divenne scurissimo come la notte di un uomo cieco. Eppure, a riva, tutto sembrava calmo e pacifico. Non c’era un filo di vento, era quel genere di paesaggio marino assorto, come poco prima di un tifone. Il pittore sentì un irrefrenabile stato d’ansia dentro di sé; non che avesse paura delle tempeste. Amava l’inutile passione selvaggia e distruttiva. Era irrequieto perché il locandiere, al mattino, gli aveva detto che il mare si era preso molte vite negli ultimi giorni, tutti eccellenti nuotatori come lui. Subito, pensò di aver udito qualcosa urlare, qualcosa intrappolata nelle viscere dell’oscurità. Forse un’idea imprigionata, non perduta, ma neppure libera; rifletté il pittore mentre tornava a riva. Incerto se andare o restare, si attardò. In quel momento, vide con la coda dell’occhio una figura informe che risaliva in superficie. Non era né piccola né grande. Era com’era: informe. E portava qualcosa sulle spalle o stava trasportando se stessa ferita, un peso senza peso? Si voltò per guardarla negli occhi, quando la figura senza forma si scaraventò nella sua direzione, scagliandosi in aria come una freccia bagnata. Chiuse gli occhi e aspettò. Non accadde nulla. Dopo un attimo, aprì gli occhi giusto in tempo per vedere di sfuggita un’ombra informe scomparire nel tramonto, lasciando un’elegante scia d’impronte nella sabbia.

— Scoprì cos’era?

— No.

— Ascolta, Cho Cho san, devo visitare gli altri miei pazienti. Domani alla stessa ora? — Dipendente senza speranza; la dipendenza è qualcosa che Reigan dovrebbe conoscere.

— Aveva gli occhi scuri Sheng che non era Sheng? Butta lì, mentre si prepara ad andarsene.

— Sii paziente, Dottore. Hai parlato della pazienza.

— Ok, quindi?

— Occhi marrone scuro, luminosi capelli lisci, così neri da sembrare blu. Non sembrava un soldato.

— Un soldato? Non ricordo che tu abbia detto fosse un soldato.

— Va’, dottor Reigan. Il tempismo è tutto. Devo riposare, questo tempo mi fa venire sonno. Riesco appena ad attendere l’arrivo della tempesta.

 

***

D: Verso la fine del romanzo, gli amanti decidono di incontrarsi, un giorno, a Taliesin, nel Wisconsin. Perché hai scelto la casa di Frank Lloyd Wright per questo incontro?
R: Nel romanzo, due universi paralleli stanno viaggiando uno accanto all’altro. La simmetria è lo strumento chiave della narrazione. Due mondi che si specchiano. Ho deliberatamente diviso il libro in due parti, le quali hanno una trama simile, costruita attorno a due stanze d’ospedale con gli stessi personaggi. All’inizio della storia, la mia eroina trova una casa abbandonata. L’abitazione che si trova sulle sponde curve del fiume Yangtze trova inevitabilmente eco dall’altra parte del mondo, ovvero il progetto architettonico di Frank Lloyd, su una splendida altura vicino a una cascata. Entrambe le case hanno un tetto rosa, con muri bianchi come una pagina vuota in attesa di essere scritta… Taliesin, Spring Green, nel Wisconsin. Sembra una canzone, vero? Sappiamo che sono avvenuti terribili omicidi nella villa di Frank Lloyd. In un certo senso, il mio romanzo è “ghigliottinato” in due parti. Un ricordo non è mai solo, questi sono ricordi moltiplicati nelle “scaglie” della pelle della mia eroina. È una donna-pesce.

 

D: Il dottor Reigan, il protagonista maschile, sembra stia avendo una crisi esistenziale che si risolve man mano che si arriva al termine del romanzo. Alla fine, cosa lo salva?
R: Direi i ricordi. La Cina è guidata da una spettacolare forma di amnesia.

 

D: Ho notato che il tuo libro non è disponibile in Cina… Quale consiglio daresti ai giovani scrittori che vivono oggi nel tuo paese?
R: Create castelli, prigioni, cieli e soli. Andate a cercarli nella vita reale!

 

D: La cosa migliore nella tua vita oggi?
R: Fare ciò che voglio ogni giorno, cosa che a molti potrebbe suonare noiosa. Sono legata alla scrivania. Sono una scrittrice. A volte dipingo anche, o mi occupo di illustrazioni. Mi diverte lavorare con i colori e sporcarmi le mani.

 

D: Grazie per il tuo tempo Julie. In bocca al lupo per il tuo libro.

L'autrice Julie O'Yang
L’autrice Julie O’Yang

Grazie Sonia per averci permesso di addentrarci un po’ di più nella magica atmosfera creata da Julie nel suo meraviglioso romanzo.
Speriamo di avervi un po’ incuriosito e anche divertito.

Di seguito alcuni link utili.

Potete acquistare il libro qui

–> Amazonhttp://www.amazon.it/Butterfly-Un-Romanzo-Julie-Oyang-ebook/dp/B00S5XWQSS

–> Kobobookshttps://store.kobobooks.com/it-IT/ebook/butterfly-un-romanzo-di-julie-o-yang

Interviste originali: 

https://julieoyang.wordpress.com/2012/03/16/interview-with-julie-oyang/

http://www.lelivro.com/blog/?p=461

http://www.gokunming.com/en/blog/item/1977/interview_julie_oyang

[Repost] 13 Words You Probably Didn’t Know Were Coined By Authors (by Paul Anthony Jones)

Previously shared on fb by Las 1001 Traducciones
Cf. original piece http://www.huffingtonpost.com/paul-anthony-jones/13-words-you-probably-did_b_4795071.html?utm_hp_ref=tw
Paul Anthony Jones Headshot
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13 Words You Probably Didn’t Know Were Coined By Authors
Posted: 02/20/2014 8:03 am EST Updated: 02/20/2014 8:59 am EST

MORE:

Last month, HuffPost Books put together a list of 13 Words You Probably Didn’t Know Were Invented By Shakespeare. Amongst them were such everyday terms ascourtshipcriticalgloomylaughablegenerous and hurry. Although debate rages about whether Shakespeare actually coined these terms himself or was merely the first person to write them down, it is at least likely that a fair proportion of the 1,700 words and phrases his works provide the first evidence of were indeed his. (And given that his Complete Works includes only around 30,000 different words in all, that’s still around 1 in every 30.)

But Shakespeare isn’t the be-all and end-all of course (that’s another of his by the way). English has had its fair share of literary giants over the years who, from Chaucer and Milton to Dickens and even Dr. Seuss, have each contributed words to our language. Here are 13 words that authors coined:

Boredom
If you’re not a fan of his books then it’s probably no surprise that Charles Dickens is credited with inventing the word boredom in his classic 1853 novel Bleak House. Dickens’s works also provide the earliest records of the words cheesinessfluffiness,flummoxrampagewagonful and snobbish — although snobbishness was invented by William Thackeray.

Chortle
A combination of “chuckle” and “snort,” chortle was coined by Lewis Carroll in his 1871 novel Through The Looking-Glass. Carroll, like Shakespeare, is celebrated for his linguistic inventiveness and coined a vast number of similar expressions (which he termed “portmanteaux”) that blend together two pre-existing words, includingfrumious (“fuming” and “furious”), mimsy (“miserable” and “flimsy”), frabjous(“fabulous” and “joyous”), and slithy (“slimy” and “lithe”).

Dreamscape
A name for the imagined location in which a dream takes place, the worddreamscape was coined by Sylvia Plath in her 1958 poem, “The Ghost’s Leavetaking.” One of the 20th century’s most important female writers, Plath also invented the words sleep-talkwindrippedsweat-wet and grrring, which she used in her short story The It-Doesn’t-Matter Suit to describe the sound of alley-cats.

Freelance
The earliest record of the word freelance in English comes from Sir Walter Scott’s 1819 novel Ivanhoe. Whereas today it describes a journalist or similar worker employed on a project-by-project basis, it originally described a mercenary knight or soldier with no allegiance to a specific country, who instead offered his services in exchange for money.

Knickerbocker
The name of both a type of loose-fitting breeches (knickerbockers) and an ice cream (a knickerbocker glory), on its first appearance in English the word knickerbockerwas a nickname for someone descended from the original Dutch settlers of New York. In this context, it is derived from a pseudonym of Washington Irving, author of The Legend of Sleepy Hollow and Rip Van Winkle, who published his first major work, a satirical History of New York, under the alias Diedrich Knickerbocker in 1809.

Nerd
Although there is some debate as to where the word nerd comes from — one theory claims it comes from Mortimer Snerd, a dummy used by ventriloquist Edgar Bergen in the 1940s and 50s, while another claims it is a reversal of the word “drunk” — more often than not it is credited to Dr. Seuss, whose 1950 poem If I Ran The Zoo provides the word’s first written record.

Pandemonium
Nowadays we use pandemonium to mean simply “chaos” or “noisy confusion,” but given that its literal translation is “place of all demons” this is a pretty watered-down version — in fact it was coined in 1667 by the English poet John Milton, who used it as the name of the capital of Hell in his epic Paradise Lost.

Pie-hole
The earliest written record of the word pie-hole, a slang name for the mouth, comes from Stephen King’s 1983 novel Christine. Admittedly however, this is something of a grey area as it’s questionable whether King actually coined the word himself.

Robot
The word robot was first used in the play R.U.R. (“Rossum’s Universal Robots”) written by the Czech playwright Karel Čapek in 1920, and first translated into English in 1923. Čapek in turn credited the word to his brother, Josef, who presumably based it on the Czech word robotnik, meaning “slave” or “worker.” Unlike today, in the play Čapek’s robots were not automated machines but rather artificial “people” made of skin and bone but mass-produced in factories, who eventually revolt against mankind to take over the world.

Tintinnabulation
Tintinnabulation, another name for “a ringing of bells,” is credited to Edgar Allan Poe, who, appropriately enough, used it in a 1831 poem called “The Bells.” Other words Poe’s works provide the first record of include sentience (in The Fall of the House of Usher, 1839), multicolor (in the short tale The Landscape Garden, 1842) andnormality (in Eureka, 1848).

Twitter
The works of Geoffrey Chaucer provide the Oxford English Dictionary with more first attestations of English words than any other writer. Like Shakespeare, it is difficult (if not impossible) to ascertain which of these 2,000+ words Chaucer actuallyinvented and which were already in use before he wrote them down, but twitter, supposedly onomatopoeic of the sound of birds, is almost certainly his.

Unslumbering
If one 20th century writer above all others rivaled Shakespeare’s linguistic creativity, it was Thomas Hardy. Unslumbering, meaning “in a state of restlessness,” is probably one of the most straightforward and most useful of his inventions, with more outlandish Hardyisms including outskeletonblast-beruffleddiscompose and evenunbe (the opposite of “be”). In fact, Hardy himself once commented, “I have looked up a word in the dictionary for fear of being again accused of coining, and have found it there right enough — only to read on and find that the sole authority is myself.”

Yahoo
It might be one of the world’s biggest corporations today, but the word yahoo has its more humble origins in Gulliver’s Travels, Jonathan Swift’s 1726 adventure story in which the “Yahoos” are a race of dangerously brutish men. Within just a few years of its publication, the name yahoo had been adopted into English as another word for any equally loutish, violent or unsophisticated person.

Based on material taken from Haggard Hawks & Paltry Poltroons and@HaggardHawks.

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